Sunday, June 07, 2009

BOIKOTTNIKE! (una volta per tutte)

La Nike, con sede centrale nell'Oregon, USA, produce una vasta gamma di scarpe sportive molto pubblicizzate. Nata negli anni '60, ha assunto il suo attuale nome nel 1985.
Ogni anno 6 milioni di paia di scarpe sportive Nike vengono confezionate in Indonesia sotto licenze normalmente concesse dalla sud-coreana HQ, consociata della Nike. I dipendenti della Nike quotidianamente controllano la qualità nelle 6 fabbriche di Tangerang e Serang. Queste 6 fabbriche sono in competizione l'una con l'altra per mantenere le licenze, che sono rinnovate mensilmente.

Il salario medio giornaliero dei 24.000 lavoratori di queste fabbriche è appena di 1.100 lire. Secondo l'AAFLI (Istituto Asiatico-Americano per il Lavoro Libero) queste fabbriche stanno violando 12 leggi nazionali, tra cui quelle sul salario minimo, il lavoro minorile, gli straordinari, gli orari di lavoro, l'assicurazione, l'organizzazione sindacale e i licenziamenti. Sono stati evidenziati problemi riguardo la salute, le ferie ed i congedi per maternità. Sebbene le fabbriche non siano di proprietà diretta della Nike, finanziariamente la compagnia è nella posizione di poter assicurare il rafforzamento degli standard minimi di vita.

I salari Nike in Indonesia.
L'Indonesia ha un salario minimo giornaliero di 2.100 Rupie (circa 1.400 lire), ma anche questo è inferiore ai "bisogni fisici minimi" stimati dal governo. E con 12 milioni di disoccupati su 70 milioni di forza lavoro, è impossibile rafforzare questo minimo. Recenti inchieste hanno rivelato che quasi l'80% dei lavoratori nella regione di Tangerang riceve solo 1.600 Rupie al giorno, e quindi lunghe ore di straordinari sono di solito fondamentali per la sopravvivenza. L'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che l'80% delle donne lavoratrici in Indonesia sono malnutrite.

Nel 1990 Operation Push, un gruppo per i diritti civili, ha lanciato il boicottaggio della Nike perchè, nonostante venda il 45% dei suoi prodotti ai neri, non vi sono afroamericani ai vertici dell'azienda; essa inoltre non concede sufficienti benefici sociali alla comunità nera.

Nel marzo 1997 l’azienda ha permesso al Vietnam Labour Watch, un gruppo attivista, di incontrare lavoratori, capireparto, rappresentanti ed esperti legali vietnamiti, ma il VLW ha anche visitato a sorpresa tre impianti. Ne è risultato quanto potete leggere sul rapporto dello stesso Vietnam Labour Watch e che vi posso riassumere con violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro, sfruttamento, percosse, umiliazioni e violenze sessuali.
La Nike produce anche in Indonesia e Cina, ma non ho trovato notizie sulle condizioni di lavoro in quei paesi. Certo, la mia ricerca non può dirsi approfondita, ma dal momento che la Nike ha aperto impianti laggiù solo dopo che coreani e taiwanesi hanno ottenuto più libertà e salari maggiori, qualche dubbio sorge.

La Nike produce anche in Vietnam più o meno con le stesse modalità; qui le campagne di boicottaggio hanno fortunatamente ottenuto qualche risultato negli ultimi anni.

Nell'Aprile del 1998 la multinazionale si arrese. L'annuncio è stato dato dal gran capo in persona, Phil Knight, fondatore, primo azionista e amministratore delegato del gruppo. A condizione che la campagna di boicottaggio finisca, Nike ha accettato di alzare da 14 a 18 anni l'età minima dei lavoratori nelle fabbriche di calzature e di portare a 16 l'età minima di tutti gli altri lavoratori impiegati nella produzione di abbigliamento, accessori e attrezzature.

In 12 fabbriche indonesiane è scattato un aumento del 37% della retribuzione di tutti i lavoratori che percepivano il salario minimo (28 mila persone). L'azienda si è inoltre impegnata a bonificare tutte le sue fabbriche e a rispettare i livelli di sicurezza imposti dalla legge. Inoltre aumenterà il sostegno all'attuale programma di micro-finanziamento, che gia' coinvolge mille famiglie in Vietnam, estendendolo anche all'Indonesia, al Pakistan e alla Thailandia. In tutti gli stabilimenti asiatici il gruppo, che ha il quartier generale a Beaverton, nell'Oregon, amplierà i programmi di istruzione, offrendo ai dipendenti corsi per ottenere un diplorna equivalente a quello delle scuole medie e superiori.
Dopo la conferenza stampa che si è tenuta a Washington, in cui la Nike annunciava la resa, le sue azioni in borsa sono salite di due dollari.

Nel maggio 1998, la Nike ha annunciato che avrebbe permesso che le sue fabbriche vietnamite fossero monitorate da personale indipendente, ma sono state scelte aziende pro-profit (Global Exchange).

Nell’aprile 1999 ha annunciato la formazione della Global Alliance for Workers and Communities, un gruppo di organizzazioni pubbliche, private e no-profit, che dovrebbe accertarsi delle condizioni di lavoro attraverso interviste ed indagini, ma il sito non è aggiornato sulle conseguenze di questa azione.

Sempre nel '99 alcune sostanze chimiche pericolose sono state sostituite e gli impianti (vietnamiti) sono stati dotati di sistemi di ventilazione, ma gli standard di qualità sono considerati ancora lontani dalla sicurezza.

Nel luglio del 2003 il boicottaggio é esteso anche a Converse, storica produttrice di scarpe da basket, in seguito all'acquisto di essa da parte di Nike per 305 milioni di dollari. Le celebri Chuck Taylor Converse All Star, ai piedi di tutte le star Nba, entrano dunque nell'offerta Nike che potrà vendere le scarpe Converse in tutto il mondo tranne in Giappone, dove i diritti sono in mano a un'altra casa.

Nell’aprile 2005, la stessa Nike ha pubblicato il "2004 Corporate Responsibility Report", col quale ammette gli abusi di cui era stata accusata per anni. Contemporaneamente ha anche rivelato nome e indirizzo delle sue oltre 700 fabbriche nel mondo, come gli attivisti le chiedevano da 10 anni (Educating For Justice).

Tuttavia, le campagne sono ancora in corso perché lo sfruttamento persiste.

Se volete approfondire l’argomento, questi sono i primi siti che trovate con una semplice ricerca:

Nike - Kill a Multi (sito italiano);
Educating For Justice - Stop Nike (aggiornato al 2006);
Saigon.com - Boycott Nike (aggiornato al 2001);
Global Exchange Nike campaign (aggiornato al 1999);
Just do it! Boycott Nike! (aggiornato al 1999).

MA QUANTO COSTA UNA SCARPA NIKE?


CONCLUSIONI GENERALI.

REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.

RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall'esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.

SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame, inferiore al salario minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno.

COMMERCIALIZZAZIONE IRRESPONSABILE: la Nike spende circa 180 milioni di $ all'anno in pubblicità, quando sarebbe sufficiente l'1% di questo bilancio per migliorare le condizioni di 15.000 lavoratori indonesiani.

Come al solito : chi non agisce é perché non ha interessi personali a farlo e chi continua a comprare Nike lo fa perché non vuole rinunciare alla sua scarpina carina e griffata, e se é fatta da una ragazzina di sedici anni che viene pagata una miseria non può certo farsene carico (la vita è già triste e difficile così....vero?)

2 comments:

marilisa said...

La ricerca non sarà approfondita come dici tu, ma certamente coglie benissimo l'idiozia del consumismo che é:
- idiozia di chi paga tot volte di più un prodotto perché imbambolato dal relativo spottone coi calciatori al rallentatore;
- idiozia del modo pubblicitario, strumento chiave della 'commercializzazione irresponsabile', che copre d'oro i guitti e di sputi gli indifesi, e annulla, in tanti sensi, tutti gli esseri umani.
E a tutti quelli che si chiedono "ma alla fine, funziona? ha senso semplicemente non fare un qualcosa (in questo caso, 'non acquistare' = boicottare?)", la resa della Nike del '98 ad esempio dimostra un senso CE L'HA. E' il principio domanda-offerta. L'unica arma per opporsi all'idiozia dell'offerta è il boicottaggio come volontaria, consapevole e ragionevole sospensione della domanda fino alla rettifica dell'offerta e/o delle sue condizioni. Bisogna usarlo per ottenere una regolamentazione, una legge specifica in materia, che ne so, una legge che obblighi le multinazionali ad applicare alla manodopera di stati retti dai regimi oppressivi gli stessi diritti del lavoratori dello Stato in cui abbiamo la loro sede centrale (detta proprio 'cuscì' fa un cag...è per spiegarmi).
Una specie di carta di diritti sindacali estesi/acquisiti, non potrebbe essere un modo per raddrizzarlo un po' sto cavolo di consumismo, e metterlo al servizio dei paesi poveri e non sulle loro spalle? ma magari lo stanno già facendo?
Un abbraccio

gyordie said...

si, l'unico potere (VERO!) di noi consumatori é quello di NON consumare, hai detto bene e tutti coloro che dicono "ma tanto non serve a niente" oppure "ma tanto so tutti così" o non hanno coscienza civico-sociale oppure se ne fottono e alla grande.
Questo post sulla Nike, infatti é abbastanza provocatorio; insomma, diciamocelo francamente : la Nike non é ne la prima ne l'ultima ma questo non vuol dire certo che solo perché il modo di operare delle multinazionale sia altamente a-etico si debba coprirsi gli occhi e continuare a fare come i poveri pecoroni, indotti ad andare ovunque.
Presto su questo blog altre denunce, tutte quelle possibili, tutte quelle necessarie perché nessuno possa dire "ma io non lo sapevo"! (già é molto!)

abbraccio anche a te