Thursday, August 12, 2010

A quando l'insegnamento delle religioni?

Articoli e servizi sull'ora di religione in rete ce ne sono a bizzeffe.
L'intenzione, era, molto sommariamente, quella di scrivere un post proponendo l'ora di religione NON ovviamente di stato, ossia cristiano-cattolica, bensì un momento di conoscenza delle religioni del mondo nella storia; ma neppure qui, niente di troppo nuovo, considerando la mole di materiale riscontrato on-line (e non solo).
Uscendo, dunque, decisamente sconfortato da questa ricerca, avevo quasi deciso di demordere, quando mi sono imbattuto nell'ultima parte del libro che stavo terminando.
Lì ho trovato ciò che difficilmente avrei potuto scrivere da solo o comunque non di certo in maniera così chiara ed incisiva (caratteristica del prof.Cacitti, autore della suddetta) propria di competenza e cultura entrambe con la C maiuscola.
Il libro in questione è l'ottimo "Inchiesta sul Cristianesimo" di Augias-Cacitti, al termine del quale il professore dà libero sfogo al proprio pensiero inerente la questione insegnamento scolastico di religione (o religioni) : a mio avviso una piccola perla (tra le numerose dello stesso autore) in un universo sempre più caotico di pensieri purtroppo il più delle volte copie di copie di copie che aggiungono davvero ben poco.
Ho deciso pertanto di riportarlo integralmente (sperando che ne il prof.Cacitti ne Augias me ne vogliano) ritenendolo più che illuminante

[...] Chiunque svolga in università il mestiere d'insegnante di storia religiosa credo concordi nel giudizio sulla pressoché totale impreparazione con cui arrivano nelle nostre aule gli studenti.
E non si tratta di una sfavorevole congiuntura, considerata per altro la sua sistematica ricorrenza, ma dell'emergere di un dato oggettivo: nessuno, infatti, nell'anteriore formazione di questi studenti, ha loro insegnato, pur soltanto in una delle sue manifestazioni, la storia religiosa.
Nel migliore dei casi, un insegnante particolarmente sensibile potrà aver sfiorato queste problematiche nello svolgimento dei programmi di lettere, storia, filosofia o arte; ma il fenomeno religioso in sé considerato non è contemplato nell'ordinamento didattico del nostro paese.
Questo accade per una grave e non più tollerabile anomalia del nostro sistema scolastico, in cui - in virtù degli accordi che regolano i rapporti fra Repubblica italiana e Santa Sede - l'insegnamento della religione, denominato «insegnamento della religione cattolica», viene dismesso dallo Stato e appaltato alla Chiesa cattolica romana in tutte le scuole di ogni ordine e grado, a eccezione dell'università.
Spetta infatti a ogni singolo ordinario diocesano la formulazione dei programmi, il reclutamento degli insegnanti e, addirittura, la vigilanza sulla condotta privata di questi ultimi, per cui, se essa viene ritenuta incompatibile con la morale cattolica, il docente può venire rimosso.
Al di là degli aspetti giuridici della situazione - la Costituzione garantisce, all'art. 33, che «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento», mentre spetta allo Stato dettare «le norme generali sull'istruzione» -, l'insegnamento della religione cattolica si configura come l'estensione in ambito scolastico della catechesi di quella Chiesa, garantita, al pari di ogni altra forma di fede religiosa, dall'art. 19 della Costituzione stessa.
Qui sta il punto: ovviamente, se nessuno contesta questo diritto costituzionale, ciò che appare del tutto indebito è che la catechesi confessionale si sostituisca all'insegnamento pubblico, poiché la prima deve conformarsi a un sistema teologico (il dogma), l'altro è, come sancito nella Carta fondamentale, assolutamente libero.
Che non si tratti di sottigliezze lessicali possiamo constatarlo con un esempio: di fronte alle attestazioni evangeliche secondo cui Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle (Mc 6,3, Mt 12,46, Gv 7,3, At 1,14), il docente di religione può, in buona e formata coscienza, farsi persuaso che si tratti di veri e propri fratelli e sorelle, ma non potrà mai insegnarlo, pena la revoca dell'incarico per difformità dalla dottrina ufficiale della Chiesa.
Nell'attuale ordinamento, lo studente è libero di avvalersi o no dell'insegnamento della religione; per chi non se ne avvale, tuttavia, non è previsto alcun altro tipo di libero insegnamento di storia religiosa, a meno che, volontaristicamente, qualche professore non si industri a impartirlo (e ne ho conosciuti di bravi, validi e appassionati).
C'è, in quest'abnorme situazione, un ulteriore elemento di contraddizione.
In quasi tutte le università italiane sono attivate le discipline dell'area storico-religiosa, ambito che proprio in Italia ha conosciuto una fioritura di prestigio assoluto, da Baldassarre Labanca a Ernesto Buonramento di questa situazione: lasciando immutati i termini degli accordi concordatari cui facevo sopra riferimento, basterebbe soltanto introdurre, nell'attuale ordinamento, una classe diaiuti a Raffaele Pettazzoni a Ernesto De Martino, per tacere dei tanti altri che, ieri come ancora oggi, onorano con il loro sapere la ricerca scientifica.
Eppure, questo prezioso patrimonio di conoscenze, trasmesso a intere generazioni di allievi, rimane, recluso nelle aule universitarie, sterile e infecondo, poiché nessun laureato in tali materie può andare liberamente a insegnare ciò per cui è stato formato, con uno spreco inammissibile di risorse umane, culturali, scientifiche ed economiche.
Se si conviene sull' importanza della conoscenza dei fenomeni religiosi, è indispensabile procedere, e con urgenza, al superamento di questa situazione: lasciando immutati i termini degli accordi concordatari cui facevo sopra riferimento, basterebbe soltanto introdurre, nell'attuale ordinamento, una classe di concorso di storia religiosa, in tutto e per tutto simile a quelle già esistenti di lettere o scienze o storia dell'arte o matematica e via declinando.
Così, a insegnare storia religiosa nelle nostre scuole sarebbero docenti valutati esclusivamente
in ordine alla loro preparazione scientifica e alla loro capacità didattica, come per tutte le altre discipline, senza alcuna pregiudiziale di qualsivoglia natura: «Presto o tardi» scriveva agli inizi del Novecento Salomon Reinach a Salvatore Minocchi «la storia delle religioni si insegnerà nelle scuole secondarie, accanto alla storia, alla filosofia, alle scienze.
Non vi si insegneranno né la fede né lo scetticismo, ma fatti certi; vi si insegnerà soprattutto agli scolari a riflettere sopra così gravi questioni, e a concedere a esse tutta l'attenzione, dirò meglio, tutto il rispetto che meritano. Invece di dire "io credo", oppure "non credo", essi potranno dire in certo modo "io so"» (Salvatore Minocchi, L'insegnamento religioso nelle scuole italiane, in «La cultura contemporanea», 4,1912).
A quasi un secolo da quest'auspicio, la situazione non è mutata, anzi, è francamente peggiorata: perfino nelle università gli insegnamenti di storia e letteratura religiosa sono rifluiti nei macroraggruppamenti della medievalistica o delle scienze dell'antichità, in spregio alla loro autonomia.
Sarà più probabile, temo, che anche all'università queste discipline diventino un'appendice più o meno trascurabile delle altre storie e delle altre letterature, piuttosto che assumano configurazione autonoma nei vari gradi e ordini della scuola italiana. [...]

 [ Tratto da  Inchiesta sul Cristianesimo - Come si costruisce una religione, di Augias-Cacitti (Mondadori, 276 pagine prezzo € 18,50) ]