Monday, June 29, 2009

Kill PIL!

Non é certo una questione di destra e sinistra (almeno non per quello che si intende ormai in italia con questi termini) se i governanti parlino e si occupino e auspichino o meno alle questioni fondamentali (ecologia, assistenza sociale, sostenibilità, etc), alle idee linea base che servirebbero a migliorare davvero la vita della maggior parte delle persone-cittadini; non é certo un affare che si possa relegare ad un'area politica anziché ad un'altra il fatto che certi termini e certe idee rimangano cristallizzate li dove sono state create anni luce orsono.

Un caso per tutti é quello del PIL (prodotto interno lordo), ancora oggi utilizzato da tutti e considerato come l'indice di progresso e felicità del paese : certamente esso é un dato indicativo, che fornisce un numero da non sottovalutare senza dubbio ma che da solo davvero poco lascia sperare a noi semplici cittadini che vorremmo vedere davvero migliorare la qualità di vita nelle nostre città.

Avete mai sentito qualcuno dei politici che si sono susseguiti negli ultimi anni al governo parlare di Indice di Sviluppo Umano, GPI, di FIL, di ISEW, di Decrescita Felice ?

Avete mai ascoltato un discorso di qualcuno di questi politici-furbetti far anche solo minimamente riferimento a concetti quali quelli di autosufficienza, o di energie alternative (a parlare di queste ogni tanto qualcuno ci prova ma per una pura questione di consenso elettorale), o di impronta ecologica, o di capacità bioproduttiva?

Eppure stiamo parlando di concetti ormai non più nuovissimi, ne parlava Bob Kennedy negli anni sessanta, in alcuni stati (anche eurpoei) sono addirittura già alcuni anni che si applicano praticamente, anche se certamente in forme prototipali (vedi il Canada); uno stato quale il Bhutan (con tutte le limitazioni del caso) se ne é fatto portavoce; la stessa Francia ne é diventata ultimamente un esempio per molti, anche se con tutte le evidenti contraddizioni appendici (vedi, primo fra tutti, il ricorso all'energia nucleare).
Non da ultimo c'é da considerare poi che in Italia vive uno dei precursori mondiali (tanto da essere un punto di riferimento per moltissimi) dell'attuazione pratica di questi concetti; per fortuna c'é qualcun altro (che si può condannare o meno per scelte di altro genere) che raccoglie questi input e a suo modo da loro un'ulteriore voce sulla rete.

Dunque questo articolo vuole essere soprattutto un invito per tutte/i coloro che hanno deciso di NON opporsi a questo stato di cose, al sistema (partitico-politico) così concepito, organizzato e imposto, e che dunque si recano alle urne imperterriti a votare illusoriamente i propri rappresentanti in parlamento; per poter meglio discernere nel mucchio se una persona/politico é da preferire o meno, se amministrerà la cosa pubblica in maniera adeguata, se penserà davvero al bene del proprio paese e dei propri concittadini, a parte un sacco di altre cose, consigliamo di non perdere di vista questi elementi fondamentali : diffidate quando chi vorreste eleggere non ne fa espressamente menzione e si affida a indici e parametri ormai obsoleti.
E' semplicemente una delle solite strategie (anche queste ormai belle che superate, agli occhi di chi ha un minimo di intelligenza) che serve, tanto per cambaire, a portare acqua al proprio mulino, a prendere per il culo la gente e a fare di tutto affinchè il paese non si sviluppi e continui a permanere in una vera e propria occulta (ma non troppo) dittatura.


Sunday, June 28, 2009

Farsi prendere per il culo riesce bene agli italiani.

Nel 2006 Silvio Berlusconi, allora presidente del consiglio, non sapendo (al solito) come convogliare denari dei contribuenti in canali preferenziali e avendo (al solito) gente di fiducia da far mangiare a sbafo dà definitivo mandato al sig. Lucio Stanca (che tra le altre cose é il vicepresidente della NON PROFIT Aspen Istitute dal 1991) di creare il portale Italia.it, un sito web/portale del costo di 45 milioni di euro “nato per promuovere l’offerta turistica via internet e il patrimonio culturale, ambientale e agroalimentare italiani” e che, come citato a pagina 36 dell’opuscolo che il sig. Stanca avrebbe fatto arrivare (a detta loro) a 16 milioni di famiglie, “utilizza un programma interattivo per organizzare e programmare il viaggio”.
Il tutto celato dietro al connubio turismo-nuove tecnologie (nuove?) di cui si riempivano tutti la bocca.

Il progetto parrebbe esser stato avviato nel marzo del 2004 dal governo di centro-sinistra soprattutto grazie all'allora vicepremier e ministro per le attività culturali Francesco Rutelli ed affidato alla fantastica Innovazione Italia che assegnò parte dell’appalto a Ibm (di cui Stanca é ex capo magazziniere!), Its e Tiscover.

Chi, fino al 2008, si collegava a www.italia.it, invece delle meraviglie interattive del Bel Paese trovava solo una richiesta di inserimento di username e password; a partire dall'inizio del 2008, invece, il superportale è scomparso completamente, come qualcuno già sapeva/sospettava/immaginava.
Del portale non c'è mai stata traccia e neppure una pagina di spiegazioni con la data di avvio. Forse perchè nessuno aveva mai neanche lontanamente pensato di farlo?
Falavolti, amministratore delegato di Innovazione Italia, dichiarò nel 2005: “entro gennaio 2006 potrebbe essere on line la prima versione del sito in due o tre lingue”.

Dal febbraio del 2009 Stanca, dopo che nel precedente governo ha rivestito anche il ruolo di ministro per l'Innovazione e le Tecnologie (rimasto, poverino, senza ufficale occupazione) é chiamato da mister B. a sostituire Glisenti come fedelissimo di Letizia Moratti alla guida della società Expo Milano 2015; tuttavia il buon Lucio si era fatto altri calcoli, probabilmente e, senza alcun ritegno, nel giugno di quest'anno, non ci sta e pare si sia messo a rivendicare (!) il progetto Italia.it.

Eppure proprio nello stesso mese ecco l'(ennesimo) annuncio del rilancio del turismo italiano (che, non lo dimentichiamo, vanta un giro di centinaia di miliardi di euro ed é uno dei settori più prolifici e remunerativi del paese, dunque che rilancio?!), affidato questa volta alla figura della sig.ra Michela Vittoria (o Littoria, come la chiama qualcuno) Brambilla, per la quale é stato addirittura creato un ministero apposito (ovviamente quello del turismo!); pare che grazie alla nascita del logo MagicItaly (che sembra non aver riscosso molto successo, soprattutto sulla rete...come é chiaramente comprensibile, osservandolo), il Pil raddoppierà in quattro anni (dunque entro il 2013); il ministro Brambilla, ha inoltre precisato che “Magic Italy”, fa parte della «nuova campagna di spot televisivi per i paesi esteri, che il ministero del Turismo diffonderà entro la fine del mese». I contenuti definitivi, la grafica e le colonne sonore, verranno mostrate integralmente sono alla fine di giugno 2009.

Sarebbe bello seguire questa vicenda (ma qualsiasi altra impresa di questa gente sarebbe degna di attenzione maniacale!) passo passo, chiedere qualche resoconto a tutti questi signori, in primis al sig. Stanca, che esperto saltatore di poltrone, avanza richieste non si sa bene di che portata; sarebbe interessante chiedere delucidazioni in merito a tutti i numeri "sparati" dal 2004 sulla vicenda turismo in italia, quelli spesi (pare che il "parcheggio" di Italia.it sia costano agli italiani 800mila euro!) e quelli ancora previsti da ministri e premier(s) e sarebbe bello chiedere al ministro del turismo di spiegare A PAROLE SUE se esiste davvero e cos'é quel qualcosa che lei e i suoi capoccia vano promettendo pubblicamente.
Molto interessante sarebbe anche capire se sia la Brambilla che i suoi amichetti sappiano cosa sia realmente il PIL. (vedi post successivo)

E' facilmente immaginabile che in un paese in cui chi governa non sente la necessità di dover dar conto a nessuno, nemmeno ai propri elettori (i quali durante i blindati comizi stalinisti vengono semplicemente bombardati con cazzate a raffica, prive di alcun fondamento reale e fomentati con parole e idee risalenti di solito a retaggi politici di un passato persino discutibile), in cui chi governa si pone come unico detentore della verità e della giustizia (la propria), in cui persino la/le legge/i é/sono da loro manipolata/e ed utilizzata/e per i propri sporchi affari personali, in questo paese mai nessuno si prenderà la briga di fare e spiegare nulla di tutto ciò, anzi, affinchè il loro regime possa essere preservato, tutti gli sforzi verranno scientificamente incanalati nella direzione della poca chiarezza e della menzogna.

Sunday, June 21, 2009

Il Regime del Debito è Totalitario‏

La Natura dell’Attuale Crisi Finanziaria: Il Sistema è studiato per esercitare il Controllo Totale sulla Vita degli Individui

DI RICHARD C. COOK
globalresearch

Quel che colpisce dell’attuale crisi finanziaria è la quasi totale incapacità dei cosiddetti “progressisti” nel comprendere la dimensione di ciò che sta accadendo o quanto di scientemente organizzato si celi dietro di essa. Quanti direbbero infatti che un tale disastro è stato deliberatamente pianificato tramite la creazione e la successiva distruzione della bolla finanziaria degli ultimi dieci anni?

Il sistema finanziario crea la bolla ogni qualvolta gonfia il costo dei beni molto al di sopra del loro reale valore di creazione o di mantenimento della ricchezza e quando la bolla scoppia il valore di tali beni precipita. E’ a questo punto che quelli in possesso di liquidità possono acquistare tali beni a un prezzo stracciato e quando infine il disastro finisce, il risultato è una maggiore concentrazione della ricchezza. Il ricco è diventato più ricco e la gente comune si ritrova in una condizione di indebitamento profonda, di maggiore povertà e con la pressione ad assecondare i desideri dei padroni della finanza.

I "progressisti" pensano che il sistema debba essere “riformato”, ma forse il sistema bancario necessita in realtà di essere ri-regolato o addirittura nazionalizzato. Magari potessero le famiglie a rischio di perdere la casa ottenere una rata del mutuo ridotta grazie a una sentenza del tribunale civile. Magari fosse lo stato e non il settore privato il gestore del prestito scolastico per studenti.

Ci resta difficile ammettere che è il sistema stesso ad essere totalitario, perché strutturato al fine di esercitare un controllo totale sulla vita delle persone. Siamo infatti abituati a utilizzare una tale etichetta quando pensiamo ad anacronismi della storia quali il comunismo o il fascismo e non riusciamo invece a vedere che il capitalismo finanziario globale e i governi che lo proteggono, lo rendono possibile, o addirittura lo gestiscono sono anch’essi totalitari.

Ciò è accaduto nel corso di quest’ultimo anno ovvero l’apparente collasso del sistema finanziario e il suo soccorso tramite massicci interventi pubblici, è parte di un modello che dura da decenni se non addirittura da secoli. Il modo in cui i cosiddetti controllori operano fu stabilito nel 1967 tramite il The Report from Iron Mountain ["Rapporto di Iron Mountain", ndt], del quale una copia segretamente acquisita fu pubblicata dal Dial Press. Si trattava di uno studio realizzato da un gruppo di accademici e di analisti che si incontrarono in una struttura segreta dell’Hudson Institute in New York.

Il rapporto iniziava definendo la guerra il principio organizzativo fondante di ogni società. Lo studio sosteneva che, “la guerra stessa è il sistema sociale essenziale, al cui interno, altre modalità di organizzazione sociale confliggono o cospirano. Essa infatti è il modello che ha governato la maggior parte delle società umane conosciute fin qui”.

Il rapporto precisava inoltre che “l’autorità principale di uno stato moderno verso i suoi cittadini risiede nella sua guerra tra poteri” e ogni cedimento di volontà da parte della classe dominante condurrebbe a una “vera e propria destabilizzazione dell’istituzione militare”. L’effetto sul sistema, continuava il rapporto, sarebbe “catastrofico”.

La pubblicazione dello studio ebbe un impatto enorme in quanto coincise anche con l’inizio delle proteste conto la guerra del Vietnam. Le autorità governative non rilasciarono mai alcun commento ufficiale e successivamente il rapporto fu dimenticato dalla storia ma certamente, alcune delle sue parti, sono più che mai attuali nel 2009.

Il rapporto infatti sottolineava come la popolazione civile di un paese progredito potesse essere controllata persino in assenza di una guerra di larga scala che ne devastasse la vita quotidiana. Uno dei metodi era definito come segue: “Un…possibile surrogato per il controllo di nemici potenziali della società è la reintroduzione, in forme coerenti con la tecnologia moderna e con i processi democratici, della schiavitù…La creazione di sofisticate forme di schiavitù può divenire un requisito assoluto per il controllo sociale…” (Citazione di Jim Marrs, Rule by Secrecy, 2000).

Oggi assistiamo alla creazione di tali “sofisticate forme di schiavitù”. In quale altro modo di dovrebbe definire un sistema che soggioga la popolazione attraverso debiti personali e familiari pazzeschi; l’incessante allargamento del gap tra ricchi e tutti gli altri; la continua erosione della liberta personale giustificata come necessaria dalla lotta al “terrorismo”; la costante espansione dei poteri assegnati agli organi militari e di polizia; il ricorrente utilizzo delle intercettazioni ambientali; la totale assenza di responsabilità da parte della classe politica disonesta o addirittura criminale; l’esclusivo utilizzo dei mass media per la diffusione della propaganda di regime, etc. Nulla di tutto ciò sembra essere diminuito durante l’amministrazione di Barack Obama. La ripresa economica che Obama sta operando attraverso un massiccio programma Keynesiano di interventi pubblici è infatti considerata dagli economisti come quella del 2002-2005, un’altra che non produrrà posti di lavoro e in quest’ottica sia chi è disoccupato che chi teme diventarlo è facile da controllare. A questo si aggiunga la serie di guerre permanenti in terra d’Asia istigate da George W. Bush per il controllo delle risorse e come leva geopolitica nei confronti di Russia e Cina che infatti continuano a pieno ritmo.

Nulla di tutto ciò è casuale. E come il The Report from Iron Mountain illustrava quattro decenni fa, è ciò che è stato pianificato da sempre.

Richard. C. Cook
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13551

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GLOSSTAR

Sunday, June 07, 2009

BOIKOTTNIKE! (una volta per tutte)

La Nike, con sede centrale nell'Oregon, USA, produce una vasta gamma di scarpe sportive molto pubblicizzate. Nata negli anni '60, ha assunto il suo attuale nome nel 1985.
Ogni anno 6 milioni di paia di scarpe sportive Nike vengono confezionate in Indonesia sotto licenze normalmente concesse dalla sud-coreana HQ, consociata della Nike. I dipendenti della Nike quotidianamente controllano la qualità nelle 6 fabbriche di Tangerang e Serang. Queste 6 fabbriche sono in competizione l'una con l'altra per mantenere le licenze, che sono rinnovate mensilmente.

Il salario medio giornaliero dei 24.000 lavoratori di queste fabbriche è appena di 1.100 lire. Secondo l'AAFLI (Istituto Asiatico-Americano per il Lavoro Libero) queste fabbriche stanno violando 12 leggi nazionali, tra cui quelle sul salario minimo, il lavoro minorile, gli straordinari, gli orari di lavoro, l'assicurazione, l'organizzazione sindacale e i licenziamenti. Sono stati evidenziati problemi riguardo la salute, le ferie ed i congedi per maternità. Sebbene le fabbriche non siano di proprietà diretta della Nike, finanziariamente la compagnia è nella posizione di poter assicurare il rafforzamento degli standard minimi di vita.

I salari Nike in Indonesia.
L'Indonesia ha un salario minimo giornaliero di 2.100 Rupie (circa 1.400 lire), ma anche questo è inferiore ai "bisogni fisici minimi" stimati dal governo. E con 12 milioni di disoccupati su 70 milioni di forza lavoro, è impossibile rafforzare questo minimo. Recenti inchieste hanno rivelato che quasi l'80% dei lavoratori nella regione di Tangerang riceve solo 1.600 Rupie al giorno, e quindi lunghe ore di straordinari sono di solito fondamentali per la sopravvivenza. L'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che l'80% delle donne lavoratrici in Indonesia sono malnutrite.

Nel 1990 Operation Push, un gruppo per i diritti civili, ha lanciato il boicottaggio della Nike perchè, nonostante venda il 45% dei suoi prodotti ai neri, non vi sono afroamericani ai vertici dell'azienda; essa inoltre non concede sufficienti benefici sociali alla comunità nera.

Nel marzo 1997 l’azienda ha permesso al Vietnam Labour Watch, un gruppo attivista, di incontrare lavoratori, capireparto, rappresentanti ed esperti legali vietnamiti, ma il VLW ha anche visitato a sorpresa tre impianti. Ne è risultato quanto potete leggere sul rapporto dello stesso Vietnam Labour Watch e che vi posso riassumere con violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro, sfruttamento, percosse, umiliazioni e violenze sessuali.
La Nike produce anche in Indonesia e Cina, ma non ho trovato notizie sulle condizioni di lavoro in quei paesi. Certo, la mia ricerca non può dirsi approfondita, ma dal momento che la Nike ha aperto impianti laggiù solo dopo che coreani e taiwanesi hanno ottenuto più libertà e salari maggiori, qualche dubbio sorge.

La Nike produce anche in Vietnam più o meno con le stesse modalità; qui le campagne di boicottaggio hanno fortunatamente ottenuto qualche risultato negli ultimi anni.

Nell'Aprile del 1998 la multinazionale si arrese. L'annuncio è stato dato dal gran capo in persona, Phil Knight, fondatore, primo azionista e amministratore delegato del gruppo. A condizione che la campagna di boicottaggio finisca, Nike ha accettato di alzare da 14 a 18 anni l'età minima dei lavoratori nelle fabbriche di calzature e di portare a 16 l'età minima di tutti gli altri lavoratori impiegati nella produzione di abbigliamento, accessori e attrezzature.

In 12 fabbriche indonesiane è scattato un aumento del 37% della retribuzione di tutti i lavoratori che percepivano il salario minimo (28 mila persone). L'azienda si è inoltre impegnata a bonificare tutte le sue fabbriche e a rispettare i livelli di sicurezza imposti dalla legge. Inoltre aumenterà il sostegno all'attuale programma di micro-finanziamento, che gia' coinvolge mille famiglie in Vietnam, estendendolo anche all'Indonesia, al Pakistan e alla Thailandia. In tutti gli stabilimenti asiatici il gruppo, che ha il quartier generale a Beaverton, nell'Oregon, amplierà i programmi di istruzione, offrendo ai dipendenti corsi per ottenere un diplorna equivalente a quello delle scuole medie e superiori.
Dopo la conferenza stampa che si è tenuta a Washington, in cui la Nike annunciava la resa, le sue azioni in borsa sono salite di due dollari.

Nel maggio 1998, la Nike ha annunciato che avrebbe permesso che le sue fabbriche vietnamite fossero monitorate da personale indipendente, ma sono state scelte aziende pro-profit (Global Exchange).

Nell’aprile 1999 ha annunciato la formazione della Global Alliance for Workers and Communities, un gruppo di organizzazioni pubbliche, private e no-profit, che dovrebbe accertarsi delle condizioni di lavoro attraverso interviste ed indagini, ma il sito non è aggiornato sulle conseguenze di questa azione.

Sempre nel '99 alcune sostanze chimiche pericolose sono state sostituite e gli impianti (vietnamiti) sono stati dotati di sistemi di ventilazione, ma gli standard di qualità sono considerati ancora lontani dalla sicurezza.

Nel luglio del 2003 il boicottaggio é esteso anche a Converse, storica produttrice di scarpe da basket, in seguito all'acquisto di essa da parte di Nike per 305 milioni di dollari. Le celebri Chuck Taylor Converse All Star, ai piedi di tutte le star Nba, entrano dunque nell'offerta Nike che potrà vendere le scarpe Converse in tutto il mondo tranne in Giappone, dove i diritti sono in mano a un'altra casa.

Nell’aprile 2005, la stessa Nike ha pubblicato il "2004 Corporate Responsibility Report", col quale ammette gli abusi di cui era stata accusata per anni. Contemporaneamente ha anche rivelato nome e indirizzo delle sue oltre 700 fabbriche nel mondo, come gli attivisti le chiedevano da 10 anni (Educating For Justice).

Tuttavia, le campagne sono ancora in corso perché lo sfruttamento persiste.

Se volete approfondire l’argomento, questi sono i primi siti che trovate con una semplice ricerca:

Nike - Kill a Multi (sito italiano);
Educating For Justice - Stop Nike (aggiornato al 2006);
Saigon.com - Boycott Nike (aggiornato al 2001);
Global Exchange Nike campaign (aggiornato al 1999);
Just do it! Boycott Nike! (aggiornato al 1999).

MA QUANTO COSTA UNA SCARPA NIKE?


CONCLUSIONI GENERALI.

REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.

RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall'esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.

SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame, inferiore al salario minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno.

COMMERCIALIZZAZIONE IRRESPONSABILE: la Nike spende circa 180 milioni di $ all'anno in pubblicità, quando sarebbe sufficiente l'1% di questo bilancio per migliorare le condizioni di 15.000 lavoratori indonesiani.

Come al solito : chi non agisce é perché non ha interessi personali a farlo e chi continua a comprare Nike lo fa perché non vuole rinunciare alla sua scarpina carina e griffata, e se é fatta da una ragazzina di sedici anni che viene pagata una miseria non può certo farsene carico (la vita è già triste e difficile così....vero?)

Thursday, June 04, 2009

IL SETTIMO CONTINENTE.

Siamo a quota 12 : il 2009 é l'anno che celebra il dodicesimo compleanno della scoperta, durante una regata, da parte dell' "ex" miliardario Charles Moore, ora oceanografo e fondatore dell'Agalita Marine Research Foundation, del cosiddetto settimo continente, ossia di quell'immensa distesa di rifiuti che si estende nell'Ocenao Pacifico "a chiazze" su si una superficiale totale del diametro di circa 2500 km quadrati e dello spessore di circa 30 metri, di un peso stimato di circa 100 milioni di tonnellate; l'enorme continente è solitamente diviso in due grossi/e blocchi/discariche e si sarebbe formato a partire dagli anni 50 e verrebbe continuamente alimentato dagli scarti che provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per l'80% direttamente dalla terraferma principalmente grazie ad una particolare corrente oceanica chiamata North Pacific Gyre (Vortice del Nord Pacifico), un sistema formato da quattro correnti oceaniche (quella del Nord Pacifico, quella della California, la nord equatoriale e la Kuroshio,) localizzato tra l'equatore e il 50˚ di latitudine nord.
Se ne é parlato negli anni passati , ogni tanto "i media" (alcuni, pochissimi) se ne sono anche occupati; sia in Italia che all'estero, dovrebbe esser passato anche una mezza volta per la tv di stato (ovviamente niente a che vedere con quella online!) ma niente di più, come succede SEMPRE con le verità scomode o difficilmente gestibili.
E' solo negli ultimissimi tempi, pare, che ci stia davvero muovendo a far qualcosa per cercare di capire cosa é realmente possibile fare (e se é davvero possibile!) ed eventi come quello del Plastiki o dello Junk riportano in primo piano (quando si dà loro il minimo spazio disponibile) la notizia; soprattutto grazie a quest'ultima spedizione alcuni scienziati hanno studiato di persona la composizione dell'immensa discarica ed hanno voluto provare a far capire all'opinone pubblica e alla comunità scientifica che l'entità del problema é di proporzioni incommensurabili, considerando che il settimo continente cresce di ora in ora sempre più, in maniera inarrestabile.
E da pochissimo disponibile anche una testimonianza video (finalmente) girata grazie alla spedizione Alquita del 2008.
Ora non ci sono davvero più scuse ; se non ci salviamo é perché non lo abbiamo voluto.