Saturday, September 04, 2010

Slow Football

La frase latina "panem et circenses" si considera essere stata coniata ed utilizzata da Giovenale nel primo secolo dopocristo per esprimere il concetto secondo il quale al popolo è sufficiente concedere cibo e divertimenti affinché esso resti ammansito e buono nella propria cuccia, senza dar troppe noie agli imperatori; Giovenale, infatti, esiliato dal potere romano, certamente non stimava la politica imperiale ne l'ignoranza del volgo, atta ad accrescerla e a consolidarla.

Del resto da Augusto in poi tutto ciò è stato dichiaratamente messo in atto con precisa e lucida volontà dalla maggior parte dei suoi successori, ben consci che lo sport irrobustisce il potere.

Il concetto rimane lo stesso, oggi, con qualche differenza tipica del nostro tempo caratterizzato sempre più da ormai pochi ed enormi imperi mondiali economici, autorizzati da barbari (ossia primitivi, incivili, atti a favorire il bene di pochi a discapito di molti) sistemi organizzativi (capitalismo, liberalismo sfrenato).

Seppur tutti gli sport e le attività che vengono definite tali siano ormai dominati dagli dei denaro, potere e fama, certamente quello che più di ogni altro è il capolinea dei più grandi furbonifaccendieri in cerca di un canale che dia loro la possibilità di continuare i propri sporchissimi affari (almeno in Europa e in italia) è il calcio.

E anche se non tutti i tifosi sono ultràs, sfortunatamente (altrimenti si potrebbe estrarlo 'sto dente alla radice, senza doversi troppo giustificare!), la massa "inerme" di cui parla anche qualcun altro negli ultimi tempi è ciò che di anno in anno, stagione dopo stagione, lo rielegge e lo glorifica più degli stessi ultràs, con acquisto di tv, decoders, abbonamenti vari, fantacalcio, gazzetteegazzetine, schedine ma anche soltanto la cosa peggiore di tutte : il riconoscimento della sua dignità o di un qualche ruolo utile nella vita dell'individuo e della società.

Difficilissimo è il riuscire a tollerare il qualunquismo, soprattutto se in bocca (e nel cervello) delle persone che si reputano anche solo in parte "illuminate" con cui è possibile parlare di Religione, di Giustizia Sociale, di Esistenza, di Rivoluzione Culturale; quando anche solo dopo alcuni minuti, con la stessa noscialans gli stessi individui riescono a fare una vera e propria speculazione quasi teoretica sulla nuova campagna acquisti della sampdoria la coscienza dell'ascoltatore va in tilt.

A sentirli argomentare le decisioni di questo o quell'allenatore come se il giorno prima avessero studiato un manuale universitario o se avessero passato una vita su di una panchina di una squadra professionista parrebbero pronti a partire con la nazionale per il prossimo campionato del mondo.

Davvero è difficilissmo farli rientrare in un sistema omogeneo, razionale, coerente o trovargli posto, o categorie o motivazioni psicologiche.

E a nulla valgono le giustificazioni sulla contingenza del calcio o della consapevolezza che "tanto è solo un gioco" o che "lo seguo per distrarmi"...distrarti da cosa? Dal lavoro? Dalla famiglia? Da se stessi?

Certo non è possibile nemmeno considerarlo un puro svago, un rimedio alla noia, visto che risulterebbe anche quello noioso, a lungo andare, come tutto il resto (anzi, forse anche di più, considerando i medesimi schemi, passaggi e calendari ripetuti "a nastro".)

Nel leggere sul web possibili argomentazioni che una persona intelligente e sensibile potrebbe addurre in favore del calcio e dei propri sostenitori è possibile approdare ad un articolo dal titolo "calcio, anatomia di un omicidio" che è poi una recensione sul libro dello stesso autore, Massimo Fini, dal titolo "Sterco del demonio" del 1998.

L'autore/scrittore delinea in maniera chiara e precisa dei punti chiave con i quali sarebbe per lui possibile motivare il successo del calcio (almeno quello fino agli anni ottanta) anche tra i meno beceri e ai quali egli fa riferimento per demonizzare ciò che è diventato il calcio oggi, decisamente "decaduto", ormai svuotato del tutto o in parte di quelle caratteristiche "nobili" di un tempo.

Dai processi di identificazione (il cui carattere di continuità sarebbe dato da giocatori-faro/simbolo che a tutt'oggi non esiterebbero più) che richiamano inni celtico-leghisti o diritti di appartenenza sacra e inviolabile a gruppi di eletti, alla “festa”.. per chi vince? E i perdenti che fanno? Si danno a sollazzi spinti per dimenticare?

Dal rito domenicale e quello della vigilia che sanno tanto di giorno dedicato al signore (in questo caso ai signori onnipotenti del calcio), al simbolismo...maschilista?

Dal ritrovarsi in modo comunitario (tuttavia antagonistico), ai contenuti sentimentali e sociali che davvero credo non possano altro che riferirsi a tutti gli altissimi e nobili valori appena elencati.

Insomma come già accadeva duemila anni fa il calcio, come tutte le attività a certi livelli (professionistici) è diventato anch'esso un'attività aziendale/imprenditoriale, infinitesimo tassello "partecipativo" del capitalismo.

Premesso tutto ciò si può affermare oltre ogni ragionevole dubbio che lo sport ma principalmente il calcio professionistico non sia un semplice "interesse" quale ad esempio la partitella giocata con gli amici o anche solo semplicemente osservata nel campetto sotto casa, o il giro in barca o in canoa o l'escursione in montagna o qualsiasi altra attività che non alimenti sistemi di potere ed economici di alcun tipo, i livelli sono ben diversi e quanti abbiano a cuore costantemente la politica (ossia gli interessi di tutti), la filosofia (ossia la conoscenza), la religione (ciò che dovrebbe elevare e motivare le nostre vite terrene) non può avere come “interesse” il calcio professionistico; anzi, l'atteggiamento di tutti coloro nei suoi confronti dovrebbe piuttosto essere coerentemente di ripugnanza e deplorazione.

Solitamente è comunque l'indifferenza a tutti i livelli il rimedio più giusto per combattere costruttivamente questo genere di problemi; nemmeno articoli sardonici o satirici servono, anzi, sortiscono lo stesso effetto delle lodi degli osannatori.

L'agonismo di qualsiasi tipo genera competizione, discriminazione, brutalità, individualismo, in un modo o nell'altro e ciò è tanto più vero ed evidente e potente quanto più di ciò se ne fa più una passione, uno stile di vita, quasi un motivo di esistenza, senza capire che si fanno indirettamente gli interessi (veri) di pochissimi altri.

Lo sport dovrebbe prescindere da queste categorie ed essere un'attività puramente da esercitare, o da fruire e godere pacificamente quanto più alla larga da qualsiasi forma di interesse economico, politico, sociale, individuale.

Allora si che anche gli sport di squadra come il calcio potrebbero essere realmente vissuti ed esercitati in virtù della caratteristica ideale che li contraddistingue : lo spirito di gruppo, la voglia di collaborare, il puro desiderio partecipativo, il sano antagonismo.