Quando l'essere umano ha scoperto i recettori non aveva ancora moltissime categorie per poterli definire adeguatamente o per poter adeguatamente definire tutte le funzioni correlatevi (e oggi é SOLO un pò diverso!).
Del resto niente di nuovo : ciò é un dato comune davvero a molte altre "scoperte umane" (probabilmente a tutte!).
Possiamo dire, senza remora alcuna, che quando gli esseri umani cercano trovano soltanto una punta degli iceberg che auspicano (forse) di trovare.
E' sempre stato così e sempre lo sarà.
Dicevamo i recettori : un recettore, in ambito biologico microscopico (non considereremo in questo contesto gli "altri" recettori, quelli in ambito farmacologico), è una molecola che ha la funzione di ricevere un messaggio, e trasmetterlo a un'altra compagine biologica.
Nel suo significato più generale, un recettore è una struttura che si modifica quando viene eccitata da uno stimolo ambientale, determinando la produzione di un segnale che viene da essi(recettori stessi) trasdotto da una forma ad un'altra.
Un recettore sensoriale è un'intera cellula (spesso un neurone), specializzata nel rispondere con un segnale elettrico a particolari stimoli dell'ambiente in cui si trova; vale a dire, essa traduce gli stimoli sensoriali nel linguaggio del sistema nervoso. I recettori sensoriali sono raggruppati in organi sensoriali, come l'occhio, l'orecchio o la lingua; la loro attività elettrica dà luogo a percezioni SOGGETTIVE di luce, suono e gusto : gli esseri umani descrivono questi tipi di percezioni come i propri "sensi".
La stimolazione di un recettore sensoriale genera un potenziale di ricezione, un segnale elettrico la cui ampiezza è proporzionale all'intensità dello stimolo (in questo il potenziale di ricezione differisce dal potenziale d'azione).
I potenziali di ricezione possono dare luogo a potenziali d'azione negli stessi neuroni recettori, in alternativa, come nel caso delle cellule di recettori sensibili ai sapori, i potenziali di ricezione provocano la liberazione di un neurotrasmettitore (ossia una sostanza chimica) su un neurone postsinaptico che, a sua volta, produce potenziali d'azione che raggiungono il cervello.
Quindi tutto questo processo, sintetizzando, termina al/col cervello che (nelle sedi dedicate) "si appropria" delle informazioni arrivate, rielaborandole al contempo.
Gusto e olfatto si avvalgono di recettori(sensoriali) per la percezione degli stimoli esterni.
Il gusto e l'olfatto sono quelli che da sempre (o comunque da molto tempo) vengono definiti sensi, come la vista l'udito, il tatto. (Qualcuno parla anche di intuito.)
Siamo riusciti, nella nostra spasmodica ricerca, anche a differenziare, a loro volta, i singoli sensi.
I gusti sono diventati 5 : il dolce, il salato, l'amaro, l'aspro (o acido) e l'Umami (giapponese: 旨み、旨味、うまみ).
Per cui, oggi, se volessimo descrivere a un nostro simile un sapore ci serviremmo quasi sicuramente di queste categorie...accompagnando alla descrizione probabilmente un giudizio (per noi oggettivo!) di valore : "é buono", "é così così", oppure "non sa di niente".
Vorrei soffermarmi soprattutto su quest'ultima affermazione : é uno dei tanti modi di dire tipicamente umani che davvero poco agevolano la comprensione nostra e del nostro interlocutore.
Ci basta, infatti, non avere una delle "familiari" informazioni su ciò a cui siamo abituati, non riconoscere nessuno dei PRINCIPALI (ossia quelli che più degli altri vengono stimolati) gusti tanto cari al nostro cervello che immediatamente releghiamo il gusto in questione al.. NULLA.
Sulla base di ciò motiviamo le nostre preferenze gastronomiche e scegliamo cosa mangiare e cosa no, quando, ovviamente, a monte non vi sia nessun tipo di scelta etico-morale.
Una sola precisazione : non sempre ciò che scegliamo di mangiare ci piacerebbe (e lo sceglieremmo) se vi ci imbattessimo quando é nel proprio "stato originario"!
E' sempre stato così e sempre lo sarà.
Dicevamo i recettori : un recettore, in ambito biologico microscopico (non considereremo in questo contesto gli "altri" recettori, quelli in ambito farmacologico), è una molecola che ha la funzione di ricevere un messaggio, e trasmetterlo a un'altra compagine biologica.
Nel suo significato più generale, un recettore è una struttura che si modifica quando viene eccitata da uno stimolo ambientale, determinando la produzione di un segnale che viene da essi(recettori stessi) trasdotto da una forma ad un'altra.
Un recettore sensoriale è un'intera cellula (spesso un neurone), specializzata nel rispondere con un segnale elettrico a particolari stimoli dell'ambiente in cui si trova; vale a dire, essa traduce gli stimoli sensoriali nel linguaggio del sistema nervoso. I recettori sensoriali sono raggruppati in organi sensoriali, come l'occhio, l'orecchio o la lingua; la loro attività elettrica dà luogo a percezioni SOGGETTIVE di luce, suono e gusto : gli esseri umani descrivono questi tipi di percezioni come i propri "sensi".
La stimolazione di un recettore sensoriale genera un potenziale di ricezione, un segnale elettrico la cui ampiezza è proporzionale all'intensità dello stimolo (in questo il potenziale di ricezione differisce dal potenziale d'azione).
I potenziali di ricezione possono dare luogo a potenziali d'azione negli stessi neuroni recettori, in alternativa, come nel caso delle cellule di recettori sensibili ai sapori, i potenziali di ricezione provocano la liberazione di un neurotrasmettitore (ossia una sostanza chimica) su un neurone postsinaptico che, a sua volta, produce potenziali d'azione che raggiungono il cervello.
Quindi tutto questo processo, sintetizzando, termina al/col cervello che (nelle sedi dedicate) "si appropria" delle informazioni arrivate, rielaborandole al contempo.
Gusto e olfatto si avvalgono di recettori(sensoriali) per la percezione degli stimoli esterni.
Il gusto e l'olfatto sono quelli che da sempre (o comunque da molto tempo) vengono definiti sensi, come la vista l'udito, il tatto. (Qualcuno parla anche di intuito.)
Siamo riusciti, nella nostra spasmodica ricerca, anche a differenziare, a loro volta, i singoli sensi.
I gusti sono diventati 5 : il dolce, il salato, l'amaro, l'aspro (o acido) e l'Umami (giapponese: 旨み、旨味、うまみ).
Per cui, oggi, se volessimo descrivere a un nostro simile un sapore ci serviremmo quasi sicuramente di queste categorie...accompagnando alla descrizione probabilmente un giudizio (per noi oggettivo!) di valore : "é buono", "é così così", oppure "non sa di niente".
Vorrei soffermarmi soprattutto su quest'ultima affermazione : é uno dei tanti modi di dire tipicamente umani che davvero poco agevolano la comprensione nostra e del nostro interlocutore.
Ci basta, infatti, non avere una delle "familiari" informazioni su ciò a cui siamo abituati, non riconoscere nessuno dei PRINCIPALI (ossia quelli che più degli altri vengono stimolati) gusti tanto cari al nostro cervello che immediatamente releghiamo il gusto in questione al.. NULLA.
Sulla base di ciò motiviamo le nostre preferenze gastronomiche e scegliamo cosa mangiare e cosa no, quando, ovviamente, a monte non vi sia nessun tipo di scelta etico-morale.
Una sola precisazione : non sempre ciò che scegliamo di mangiare ci piacerebbe (e lo sceglieremmo) se vi ci imbattessimo quando é nel proprio "stato originario"!
Aiutiamo la nostra mente!
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