Monday, July 05, 2010

Scuola e integrazione nella solita italietta

Circa un anno fa ci siamo occupati della scuola Carlo Pisacane di Torpignattara a Roma, per via della rivolta delle mamme (che oggi hanno formato un vero e proprio comitato) che chiedevano misure restrittive per le iscrizioni dei figli degli immigrati a causa della spropositata percentuale di bambini non italiani rispetto a quelli italiani.

Certamente liquidata troppo frettolosamente, col senno di oggi (!), la prospettiva xenofoba emergente non rendeva davvero giustizia (non tutta) ad un problema reale che a distanza di più di un anno non sembra affatto concluso, anzi.

Ovviamente i toni utilizzati sia da alcune mamme sia dai soliti politicanti che cavalcano l'onda elettorale non erano certamente quelli di chi si rimbocca le maniche per voler trovare davvero una soluzione, le prime per via di ovvie incapacità e mancanza del potere necessario, i secondi per il solito menefreghismo indispensabile al tipo di occupazione in questione.

Frettoloso anche il giudizio sulla direttrice che veniva lodata per la risolutezza con cui si opponeva alle lamentele apparentemente ingiustificate.

Premettendo che ci sarebbe piaciuto che qualcuno avesse risposto alle domande rivolte in quella sede poiché probabilmente da li sarebbero nati spunti per riflessioni che avrebbero quasi certamente esautorato la questione; tuttavia è stato solo grazie all'unico intervento dell'amica che ha commentato il post che oggi viene pubblicata questa continuazione, necessaria per comprendere un po' più a fondo.

Effettivamente, toni a parte, il nocciolo della questione era ed è l'insoddisfazione da parte di genitori che temono per l'apprendimento , dunque per la cultura, dei propri figli e questo è un fatto innegabile; se le iscrizioni di bambini italiani continua a diminuire non è soltanto per xenofobia, ormai è certo, per fortuna esistono anche altri genitori e (come anche l'amica ci faceva notare un anno fa nel suo commento) indubbiamente problemi derivanti da un'alta percentuale di bambini con maggiori difficoltà di apprendimento sono tanto maggiori quanto più non si disponga di mezzi adeguati per affrontarli, programmi e docenti in primis.

Certamente non si può pensare che tutto il corpo insegnante sia uguale ed abbia in se le stesse potenzialità; se già consideriamo che al suo interno si trovano individui con livelli culturali e titoli di studio così diversi e che poi vengono anche inquadrati diversamente a seconda dell'anzianità ecco che le somme vengono da se.

Era infatti questo che la nostra amica voleva comunicarci con l'esempio della Svezia : laddove ci sono fattori di maggiori “disagi” ossia laddove è necessario supportare chi lavora a diretto contatto con i bambini vengono stanziati i maggiori fondi rimuovendo, se necessario, quegli insegnati che non sono capaci di sostenere una tal compito e sostituendoli con più giovani e preparati che hanno al proprio attivo voglia ed erudizione per farlo agevolmente.

Dunque approfittiamo per scusarci di aver affrontato la questione in maniera effettivamente da giornaledipartito, ribadendo, in tutti i modi, il nostro dissenso nei confronti di atteggiamenti comunque pericolosi (tuttavia evitabili se affrontati con intelligenza) che non fanno altro che lasciare le cose come stanno, inasprendo solo gli animi con instillazioni di odio e risentimento.

A questo punto ci rivolgiamo alla direttrice dell'istituto Pisacane la quale, dopo aver liquidato il tutto asserendo che esistono i programmi ministeriali e che questi vengono seguiti “alla lettera” ha sostenuto una dura battaglia allo scopo di cambiar nome all'istituto (finora senza riuscirvi) : ma se quei programmi di cui parlava lei l'anno scorso c'erano ed erano efficaci perché stiamo ancora aspettando che vengano applicate le norme per “una perfetta integrazione” alla Pisacane?

Non sarà, forse, che, trattandosi di un caso particolarmente delicato sarebbero necessarie delle misure altrettanto particolari?

Non sarà che non si adopera la stessa risolutezza per non mettere a rischio sedie e posti da anni occupati indegnamente?

Perché c'è chi sostiene e condivide l'idea per la quale l'integrazione multietnica non possa e non debba ledere in alcun modo diritti di bambini o genitori di qualsiasi etnia ed ha fatto di questo il punto di forza del proprio lavoro?

E rivolgiamo una domanda anche al ministro della pubblica istruzione : se perfetta integrazione e multietnicità non vuol dire semplicemente cambiare il nome ad un istituto scolastico con che arroganza si può pensare che sia possibile farlo semplicemente fissando un tetto massimo di “stranieri” in percentuale, a prescindere dal caso specifico?

Siamo piuttosto sicuri del fatto che non vedremo risposta neanche in quest'occasione.

Saluti a tutte/i.


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